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Santuario Madonna del Poggio

 

 

L'edificio

L'edificio è situato appena fuori dall'abitato, in Strada Antica per Piacenza che, come testimonia l'attuale toponomastica, era l'originale sede stradale dell'epoca medioevale.
La fonte principale anche per le notizie relative alla Madonna del Poggio sono le ricerche e le memorie di padre Ruggiero Abannio, parroco di Solero verso la fine del XIX secolo.
Da un suo manoscritto sono tratte le note che vengono di seguito trascritte:

"Solero, oltre alla parrocchiale e tre oratori de' Disciplinati, ha tre chiese campestri, una delle quali della Beatissima Vergine con una bellissima icona di molto prezzo, verso Alessandria, l'altra San Rocco verso Asti, la terza di San Giovanni verso il Tanaro..."
(Ferrari c.Giò Battista, Vita di San Bruno Vesc. di Segni, Casale 1621 pag7)

"... quest'oratorio è detto del Poggio Carelli, perché costruito su un rialto o poggetto di antica proprietà dell'alessandrina famiglia Carelli, sorgente sull'antica Via Reale ne' pressi di Solero..." (Calcamuggi Guglielmo, Matricola d'Alessandria, 1393)

"... Da oltre tre secoli la comunità e il popolo di Solero accorrono volentieri a pregare Maria SS. in questo gaio e divoto oratprio nella pubblica e privata necessità; più volte l'anno vi si recano col Parroco, i Capitolari, Sacerdoti e Sodalizi, vuoi per la festa titolare, voui per le rogazioni...."

Quanto sopra citato testimonia che fin dal XVI secolo questo oratorio era meta di fedeli e pellegrini.
Situato sull'antico tracciato della Via Francigena, viste le caratteristiche architettoniche con portico antistante la chiesa, cortile cintato con portico perimetrale (ormai caduto) a forma di chiostro, e la presenza del pozzo, fanno sicuramente supporre che in epoca medioevale fosse un sicuro punto di sosta per il pellegrini e viandanti che potevano riposare il luogo riparato, assistiti dai Cappellani Regolatori preposto all'oratorio.

La posizione sul tracciato della Via Francigena e le notizie storiche sopra riportate attestano l'importanza che il luogo rivestiva nelle epoche passate.
Ultimamente, riprendendo tentativi già attuati in passato, la comunità solerina si sta attivando per attuare un'opera di restauro che intende rivalorizzare l'edificio e restituirlo pienamente all'esercizio del culto ed alle visite di devoti e pellegrini.

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Un primo tentativo di restauro negli anni ‘70-’80

“La Madonna non ha bisogno del nostro Santuario. Siamo noi che abbiamo bisogno del suo Santuario”[1]
“La sistemazione dell’area, col chiostro all’antica e la rustica casa del Cappelllano è un complesso necessario. Oggi che tutto si evolve, lasciare un rudere è semplicemente disonorevole e vergognoso” così Don Giovanni Valiera[2] scrisse sull’Amico di Solero attorno agli anni settanta.
Il Santuario versava già in cattive condizioni e Don Valiera nel 1977 decise di far predisporre un progetto per risanarlo e restaurarlo, il progetto fu affidato all’Arch. Franco Diomede di Milano, già progettista del magazzino della Miralanza, mentre all’Ing. Francesco Robotti venne chiesto di fare i rilievi topografici.
Il progetto era grandioso prevedeva la Casa del Cappellano, il Chiostro, il giardino o parco per i bambini, un luogo di riposo e di ristoro per i Turisti.
Don Valiera individuò due titoli aggiuntivi al Santuario: della Vita e del Lavoro.
Della Vita perché intitolato alla Natività della Madonna: raffigurata anche nel bassorilievo risalente alla prima metà del 1500 “dal Natale della Madonna, il Natale di Cristo, figlio di Dio”
Del Lavoro perché accanto al Santuario sono sorte delle attività industriali e commerciali, senza dimenticare la sua collocazione in mezzo ai campi fonte primaria di sostentamento per i contadini.
“in clima di lavoro anche industriale ormai fervente nella zona, perché non dovrebbe splendere la presenza di Dio che vuole il lavoro, di Cristo artigiano che accetta la volontà del Padre e fa del lavoro un mezzo di vita e di espiazione”.
Sempre sull’Amico di Solero Don Valiera: “Perché rifulga la caratteristica di Santuario del Lavoro mi permetto di dare l’idea ad un Architetto-Scutore che la perfezioni e la realizzi. Il gruppo: Madonna - Gesù - San Giuseppe.
Una Pianta: simbolo della produttività abbracciata da mani di uomo e di donna.
Una stele: con un incudine e una fiamma simbolo di amore al lavoro che la Madonna protegge con la mano destra.”
Intanto i solerini devoti cominciarono a mandare i loro primi risparmi per il restauro: “…Le inviamo l’unito assegno - non trasferibile - di lire 50.000, intenzionalmente destinate a codesto - Santuario di Vita e di Pace - della Vergine Madre di Dio, alla quale siamo da sempre, devotissimi…” (Asti, 22.1.1980).
Don Valiera e l’Arch. Diomede Franco mostravano il progetto al Vescovo, mentre sul Bollettino si leggeva:
“E’ pronto il progetto esecutivo del restauro, elaborato dal Prof. Architetto Dottor Franco Diomede - di Milano - comprendente, il Chiostro, il giardino o parco.
Si spera nel 1980 di dare il via ai lavori”[3] .E ancora: “La Festa del nostro Santuario sempre gremito di fedeli ansiosi di vedere presto il rinnovamento che richiami l’attenzione di tutti specie dei turisti e dei lavoratori che passano o vivono lì vicino.
Augurandoci che diventi presto un’oasi ove lo spirito trovi ristoro, ritrovi la fede, la vita, la pace di Dio, che la Madonna portò nel mondo.
Il progetto esecutivo è stato presentato al Comune all’8 settembre giorno della Madonna”

Alcuni mesi dopo il Comune di Solero inviò a Don Valiera la lettera prot. N. 1727/80 del 3 febbraio 1981

Al Rev. Don Giovanni Valiera Solero
In Riferimento alla domanda di concessione edilizia in data 8.9.1980 si comunica che la medesima non può essere accolta in quanto non figura inserita nel vigente Programma Pluriennale di Attuazione. Distinti saluti.
Il Sindaco - Francesco Sottomano

Don Valiera sull’Amico scrisse soltanto:

“Il commento lo lasciamo ai lettori dell’Amico.
L’Amico afferma solo che la nascita del Santuario la si deve al Comune e al popolo del 1500”.

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Un secondo tentativo nei giorni nostri

Dopo il terremoto del 21 agosto 2000 la chiesetta venne dichiarata inagibile.
Nel 2008 un gruppo di solerini nell’imminenza della Processione Mariana del 31 maggio decisero di pulire e addobbare esteriormente il Santuario, il suo stato ormai richiede un intervento di restauro drastico.
Negli anni ’90 dopo un tentativo di furto era stato posto in salvo il bassorilievo del ‘500 raffigurante la nascita della Madonna, ma nel mese di maggio 2008 ignoti trafugarono una struttura di legno che circondava e sovrastava l’altare, alta 5 metri e larga 4 risalente al XVI secolo e le due cornici delle porte laterali.
Tuttavia per il Santuario, da sempre legato alla storia ed ai ricordi personali di chi è nato a Solero o di chi vi abita da anni si costituì un Comitato[4] popolare per il suo recupero.
Al fine di ricavare fondi per il recupero e la ristrutturazione della Chiesa vennero organizzate cene, giochi, lotterie ed altre attività di intrattenimento e di coinvolgimento per la popolazione di Solero.
Nel Mese di settembre del 2008 si pensò di partecipare alla raccolta di firme per l’iniziativa del FAI (Censimento dei Luoghi del Cuore 2008) raggiungendo l’11° posto nella graduatoria nazionale e il 2° posto in Piemonte con 3.030 voti. Quest’ultima iniziativa ha dato ulteriore lustro all’opera del Comitato per la sua rilevanza mediatica, sia sui giornali locali che nazionali e soprattutto sulla Rai Regionale che ha dedicato un servizio ai vincitori piemontesi dell’iniziativa del FAI.

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Niente di nuovo sotto … il Santuario

Al fine di ricavare fondi per il recupero e la ristrutturazione della Chiesa il 22 giugno 2008 come si è detto venne organizzata una merenda senoira con giochi all’antica e bontà gastronomiche offerte dai vari gruppi di volontariato del paese, per proseguire con la pesca di beneficenza in concomitanza del patrono San Bruno e il pozzo di San Patrizio presso il Parco dell’Asilo durante la Polentissima 2008 .
Parafrasando un vecchio proverbio potremmo ben dire "Nulla di nuovo sotto … il Santuario."
Anche i nostri avi infatti istituirono lotterie per la Chiesa Campestre della Natività di Maria detta del Poggio, l’Abannio infatti riporta una lotteria tenutasi il 15 Agosto 1810 ed elenca i premi per i vincitori

1. un Crocifisso d’Argento del valore di ……...Fr. 3
2. un taglio di Bandiera .…………….......… Fr. 3
3. Un paio di calzette di Bombice…………….. Fr. 4
4. Un paio di calzette di Stame rosso ….……. Fr. 4
5. Un fazzoletto di Garza……………............... Fr. 4
6. Un fazzoletto damascato ….…………............Fr.5
7. Un taglio di Nankin …………….................... Fr.6
8. Una medaglia d’Argento …………………….Fr. 6 -10
9. Un cappello montato ……………….…………Fr. 10[5]

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Un voto dei Solerini

La storia del Santuario della Madonna del Poggio si intreccia con la storia del territorio alessandrino fin dalla sua edificazione.
Alcuni studiosi fra i quali il Chenna[6], come precisa Padre Ruggiero Abannio[7], confondono il Santuario della Madonna del Poggio con l’Oratorio dedicato a Maria SS. del Pozzo ma questi è molto più antico e si trova nel territorio di San Salvatore Monferrato.
Quasi certamente la costruzione quale ex voto risale ai primi anni del cinquecento: ”L’oratorio di Maria SS. del Poggio fu votato nel 1499, cominciato nel 1501, compito e aperto al divin culto verso l’anno 1520, correndo il giorno 8 settembre”. [8]
Alla fine del XV secolo il declino della Signoria Viscontea, allora padrona dei territori di Alessandria, coincise con una serie di attività bellicose, nel 1499 le truppe francesi misero a ferro e fuoco la città, minacciando di saccheggiare e distruggere anche Solero.
I solerini spaventati da tali minacce cercarono riparo in una zona, collocata nei pressi della via francigena, di proprietà della famiglia Carelli di Alessandria, denominata Poggio Rialto da cui potevano osservare ciò che accadeva in paese. Tuttavia non vedendo fiamme e non udendo rumori di devastazione i più audaci fecero ritorno in paese e con loro sommo gaudio lo trovarono intatto.
Convinti che la loro salvezza e l’incolumità del paese fosse avvenuta grazie all’intercessione della Vergine Maria, a cui si erano affidati, decisero di edificare una chiesa, di collocarla nella zona del Poggio, chiedendo ed ottenendo dalla famiglia Carelli la donazione di quel territorio.
Secondo altre fonti il voto degli abitanti di Solero venne fatto invece nel 1513[9], infatti nel 1512 Alessandria veniva invasa dalle truppe di Massimiliano Sforza e di nuovo Solero era in pericolo.
Per la costruzione del Santuario di proprietà comunale ancora fino al XVIII secolo[10] sia il Prevosto che la municipalità si prodigarono e seguirono meticolosamente la costruzione, occorre però precisare che le famiglie più facoltose avevano il diritto di eleggere il Consiglio Comunale o di farne parte, insieme ai sacerdoti ed ai canonici avevano pertanto il controllo di importanti aspetti della vita religiosa, questo senza dubbio permise non solo la costruzione ma anche l’abbellimento del Santuario con arredi di valore.
Come precisa l’Abannio i “fabbriceri” sotto la sorveglianza del consiglio comunale e del prevosto posero i fondamenta, il costruirono e coprirono, i loro successori l’intonacarono e fornirono di volte, porte e finestre e il terminarono quando poi vennero istituiti dei regolatori a cui spettava il compito di amministrare il denaro lo fecero decorare ed abbellire.
Verso il seicento furono cercati valenti scultori, di cui purtroppo non se ne conosce il nome, per decorare e dorare l’altare in legno che riproduceva la Natività di Maria Santissima, i personaggi riprodotti furono la puerpera Sant’Anna assistita da una congiunta che le reca ristoro, l’ostetrica che cura la neonata, le astanti intente a prestare le fasce e i pezzi occorrenti, San Gioacchino che eleva le mani in cielo e invoca il Signore, un angelo che annunzia la nascita di Maria Santissima, successivamente, in altrettante nicchiette, negli specchi della colonna vennero scolpite le statue di San Perpetuo, San Francesco, San Rocco e San Sebastiano.
Venne fatto dorare in oro zecchino di Venezia e posti ampi vetrini per custodire la sacra icona. Sopra le due porticine del coro vennero posti due quadri rappresentanti l’Immacolata Concezione e l’Assunzione.
I lavori dell’altare erano già terminati attorno all’inizio del settecento, come lo dimostrano gli scritti dell’Abannio che cita un quadro votivo del 1708 che ritraeva l’altare “come lo si vede oggi” ovviamente come lo si vedeva nel 1887.
Presso la Madonna del Poggio vi era una casa adiacente per il custode, un orto dove il custode poteva coltivare quanto gli serviva per vivere ed un pozzo dove andavano ad attingere l’acqua sia i contadini che coltivano i terreni limitrofi all’Oratorio sia i viandanti che percorrevano la via francigena.
Nel 1573 erano stati sborsati 63 lire per mastro Giorgio da Felizzano per la costruzione del tetto e di una scala per la casa adiacente al Santuario.
Nel 1634 fu aggiunto un maestoso portico che serviva ai fedeli durante le processioni e faceva comodo ai campagnoli all’irrompere dei temporali estivi ed ai passeggeri nella cattiva stagione.
Negli atti parrocchiali del 1637 si trova registrato il battesimo di un bambino, nato da ignoti genitori e trovato esposto sotto il portico della Madonna del Poggio.
Il portico fu esteso più tardi anche alle porte laterali del nord per riparare le persone che accorrevano ad attingere l’acqua nel pozzo oratorio e per riparare dalle piogge bestiame e carri.
L’Oratorio venne più volte restaurato e arricchito di un coro, di un campanile e più volte l’altare in legno venne indorato con oro Zecchino di Venezia, vennero dipinti affreschi sulle volte e alle pareti e nel 1810-1811 furono aggiunte le icone di S. Anna e S. Antonio.
Il Santuario fu come per altro le chiese di San Rocco e di San Sebastiano sede di eremitaggio
Il primo eremita fu lo spagnolo Fra Diego Aries al secolo Giovanni Antonio ex militare che oltre le messe festive fece istituire la messa il mercoledì ma questo fu per lui anche causa di sventura.
L’istituzione di tale messa apportò alle casse dell’Oratorio più denaro dovuto all’elemosine raccolte, il Padre parsimonioso lo accumulava e lo conservava come piccolo tesoro per le eventuali necessità dell’Oratorio. Tutto ciò non era visto di buon occhio dal Regolatore del Santuario che avrebbe voluto amministrare anche quel denaro.
La buona fede di Fra Diego aveva portato a vantarsi di questo gruzzoletto e tre loschi figuri ne approfittarono e nottetempo (8 luglio 1683) si recarono presso la casa dell’Eremita e dopo averlo torturato per sapere dove nascondesse il denaro, lo uccisero e lo gettarono nel pozzo.
Tuttavia non trovarono che pochi soldi nella cassetta dell’elemosine e si dovettero accontentare di alcuni oggetti sacri che servivano per dir Messa.
Il mattino seguente due contadini che recandosi al lavoro nei campi andarono ad attingere l’acqua al pozzo e scoperto l’accaduto diedero subito l’allarme.
“Saputa la notizia in paese Sindaco, Prevosto, Tribunale, Potestà accorsero a constatare chi il delitto chi i beni dell’Oratorio.” Il Podestà dette disposizione di catturare gli autori del misfatto. Vennero catturati tre individui dell’infame plebe .
Per ordine del feudatario Guasco furono rinchiusi nel carcere 2 fratelli Reverta di Felizzano ed un certo Antonio Robotti solerino.
Il Prevosto e i Sindaci rovistarono tutti i luoghi più reconditi e trovarono il ripostiglio del danaro. Lieti dal ritrovamento, tanto quanto erano rimasti sgomenti ed i norriditi dell’orrendo misfatto, diedero onorata sepoltura all’Eremita ucciso e, benchè fosse periodo di trebbiatura, fu fatto un solenne funerale.
Incerti sull’uso da farsi del ritrovato denaro Prevosto e Sindaci scrissero al Vescovo per avere un consiglio.
Inorridito mons. Alberto Muggiasco del delitto commesso, consigliò di farne un capitale e col frutto di fissare delle messe ogni mercoledì dell’anno, in suffragio sia dei benefattori sia del povero infelice eremita trucidato.
Il consiglio piacque a tutti quindi nella seduta del 25 luglio 1683, Sindaci e consiglieri istituirono formalmente tale legato con atto notarile (notaio Guasco Giacomo Filippo cancelliere comunale), dotandolo di 1100 lire di Milano (equivalenti a circa 800 del Piemonte) tanto era il denaro trovato.

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La devozione

Molti furono i lasciti che i Solerini più facoltosi lasciarono al Santuario, divenuto negli anni luogo di culto e di preghiera. Come si legge dagli Annali di Padre Abannio: “Da oltre tre secoli la comunità e il popolo di Solero accorrono volenterosi a pregare Maria SS. in questo Oratorio nelle pubbliche e private necessità: più volte l’anno vi si recano con il parroco, i capitolari, i sacerdoti per la festa titolare, con una processione ed è cosa bella recarsi ad ammirare, la compattezza, la fede e la pietà con cui si recano in chiesa. Tutti i forestieri restano edificati osservando la moltitudine di fedeli dietro la processione e rispondenti all’unisono alle strofe del clero .
Che fosse luogo di culto e devozione è confermato dai numerosi ex voto, la prima tavoletta ex voto di un certo G.B. risale al 1607 , che l’Abannio descrive con accuratezza: “Questa tavoletta rappresenta un uomo vestito di lunga toga fino ai talloni con colletto increspato al collo, lunga zazzera, baffi sotto il naso e grave di età, G.B. di nome il quale prostrato ai piedi della Vergine benedetta, umilmente la prega”.
Ai tempi dell’Abannio si contavano circa una quarantina di quadretti ex voto inoltre molti donavano per grazia ricevuta cuori in argento, stoffe pregiate o gambe e braccia finte.
Come precisa l’Abannio risultava difficile stimare tutte le grazie ricevute nei vari secoli poiché nessuno aveva mai provveduto a redigere un vero e proprio “inventario” .
Alcuni Frati Francescani nativi di Solero, ritornati a causa delle leggi di soppressione degli ordini religiosi - volute da Napoleone, decisero di chiedere a Pio VII[11] la concessione dell’Indugenza della Madonna degli Angeli il 2 agosto per l’Oratorio del Poggio:“Beatissimo Padre, il clero e il popolo di Solero, Diocesi di Casale Monferrato, umili oratori della Santità Vostra, non essendovi più religiosi francescani, supplicano per l’Indulgenza della Porziuncola in una chiesa dedicata alla Vergine del Poggio a poca distanza dal Paese e dalla campagna.”
Il 22 ott. 1807 con l’autorizzazione di Pio VII (allora prigioniero in Savona) la santa sede accordò a tutti i fedeli che, confessati, comunicati e pentiti delle loro colpe, visitando l’oratorio del Poggio e recitando almeno 6 Pater Ave e Gloria, 1 Salve Regina, un pater a Francesco e un atto di dolore ottenessero l’indulgenza plenaria delle loro colpe, applicabile sia per i fedeli sia per le anime del Purgatorio.
Dai vespri del 1 agosto al tramonto del sole del giorno successivo soltanto, e ogni volta che si entrava nel oratorio si ripeteva queste preghiere.
Secondo quanto affermato dall’Abannio questa non fu l’unica richiesta che venne fatta dai solerini per ottenere la concessione dell’Indulgenza presso il Santuario della Madonna del Poggio ma successivamente nel 1854 Padre Alessandro Ercole minore osservante di Solero chiese nuovamente l’Indulgenza della Porziuncola e la ottenne, mentre nel 1863 venne chiesta e ottenuta l’Indulgenza della Via Crucis.

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Tentativi di vita monastica presso l’Oratorio del Poggio

La collocazione di questo Santuario lo rendeva meta di devozione e preghiera ma anche rifugio per i viandanti che si recavano per ottenere un tozzo di pane ed una scodella di minestra, per tale motivo si rese necessario pensare di collocare presso il Santuario non solo un Eremita che lo accudisse ma bensì affidarlo ad una comunità religiosa.
Come riferisce l’Abannio più volte venne fatto il tentativo di farlo diventare un Convento ma ogni volta il tentativo fallì.
Il primo tentativo venne fatto nel 1719 quando tre sacerdoti Abannio, Foco e Villavecchia seguendo la Regola di San Filippo Neri si recarono a vivere presso l’Oratorio.
L’Amministrazione Comunale stabilì che l’oratorio e l’annessa abitazione con tutti i mobili e gli arredi dovesse restare alla Chiesa qualora venisse a cessare, per morte od altro motivo, la vita monastica “affinchè fosse tenuto con decoro e pulizia secondo la regola di San Filippo assunsero quale sacrestano Fra Giuseppe Gallia che era l’Eremita“.
Venne inoltre restituita la campana presa in prestito, nel 1696, quando si era rotta quella della Collegiata di San Perpetuo.
Anche la popolazione di Solero, Quargnento e Borgoglio applaudirono, che erano abituati a recarsi all’Oratorio per riscaldare il cuore nelle avversità.
Tuttavia la vita monastica dei tre sacerdoti si dovette scontrare con un periodo di crisi e carestia i “fedeli infatti reputarono non bisognosi il Regolatore e i tre Convittori e giunsero all’apatia nei loro confronti“.
Passati perciò tre anni l’Abannio e il Villavecchia lasciarono l’Oratorio al Comune e si ritirano alle loro case, più tardi diventarono canonici, il Villavecchia di Solero, l’Abannio di Bobbio dove fu anche priore alla cattedrale, canonico, teologo e rettore del seminario e morì prevosto a Solero.
Alla loro partenza il Comune consegnò gli arredi e gli oggetti sacri a Don Sebastiano Foco cappellano e a Fra Giuseppe Gallia, Eremita, poco dopo partì anche Foco e né proseguì l’inventario Don Cristoforo Ferrari eletto Regolatore dal Comune e questi consegnò ogni cosa al Gallia rimasto Eremita col nome di Fra Giuseppe.
Il Vescovo Francesco Arborio di Gattinara rammaricato per questo fallimento pensò di collocavi un’altra famiglia di Regolari e di fare della Madonna del Poggio la culla dei Passionisti.
Scrisse a Michele Ludovico Guasco feudatario di Solero pregandolo di interessarsi presso il Comune per concedere a due fratelli Paolo e Giovanni Battista Doneva ed un altro loro congiunto, nativi di Castellazzo Bormida la possibilità di vivere presso l’Oratorio catechizzando e predicando.
Il Feudatario si pose come mediatore fra il Vescovo e il Sindaco. Nella seduta del 16 ottobre 1721 si discusse circa la convivenza dei tre Passionisti e dell’eremita che avrebbe dovuto restare presso l‘Oratorio: era stato collocato da poco e sarebbe stato spiacevole toglierlo senza demerito o ragione . Il marchese incoraggio la comunità ad accettarlo assicurando che non avrebbe comportato alcuna spesa. Venne però chiesto che Padre Paolo e i suoi compagni non andassero ad elemosinare nei territori limitrofi perché i terrieri non avessero da reclamare. Il Consiglio Comunale deliberò quindi a favore della nuova comunità religiosa a patto di poter licenziarli qualora ce ne fosse stato il motivo.
Queste condizioni sembrarono troppo restrittive per Padre Paolo ed ai suoi compagni che pensarono di andare verso Roma dove trovarono un Monastero che divenne la loro culla.
“Così i Solerini non vollero i Doneva per non perdere l’Eremita e perché non volevano che questi andassero ad elemosinare , i preti infatti temevano di perdere la loro colletta”.
Nel 1743 si tentò un terzo tentativo ma anche questo non approdò a nessun risultato.
Durante la guerra di successione austriaca i Savoia alleati degli austriaci cercarono di bloccare la supremazia e le truppe franco-spagnole, Alessandria e le sue fortificazioni giocarono un ruolo importante infatti il Governatore di Alessandria si rifugiò presso la Cittadella.
Temendo che la chiesa parrocchiale SS Annunziata con annesso convento dei Minori Osservanti venisse distrutta o che ci fosse un ulteriore blocco della fortezza si pensò di ricoverare presso la Madonna del Poggio i Minori Osservanti. Ma proprio mentre si decisero ulteriori restauri ed ampliamenti per renderla più accogliente ed ospitale Carlo VII di Baviera, aspirante al trono d’Austria, morì e divenne imperatore Franco I di Lorena, marito di Maria Teresa.
Cessò quindi il pericolo dell’Assedio e il trasloco dei Minori non venne portato a termine.

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[1] Le scritte in corsivo perché tratte dai Bollettini parrocchiali degli anni 1977,1978,1979 e 1980 (indietro)
[2] Don Giovanni Valiera parroco dal 1946 al 1984 (indietro)
[3] Il progetto è stato inserito al fondo di questo opuscolo (indietro)
[4] Le caratteristiche del Comitato sono la spontaneità, ogni partecipante è libero ma responsabile nel prestare tempo, sostanze ed energie in questo cammino, e la trasversalità degli attori infatti fanno parte del Comitato le componenti civili, istituzionali, associazionistiche, del volontariato, del mondo del lavoro di Solero. (indietro)
[5] tratto dagli Annali di Padre Ruggiero Abannio (indietro)

[6] Chenna storico alessandrino scrisse Del vescovado, de vescovi e delle chiese della città e diocesi d’Alessandria libri quattro - Alessandria 1786 (indietro)
[7] Padre Ruggero Abannio (al secolo Giuseppe Maria) nato a Solero nel 1818 e morto a Perugia nel 1891 fu teologo e storico a lui si devono gli “Annali di Solero” scritti intorno al 1876-77 e le Memorie sull’Oratorio della Natività di Maria Santissima del Poggio scritte nel 1887 (indietro)
[8] tutte le parti in corsivo sono tratte da Memorie Storiche dell’Oratorio della Natività di Maria Santissima del Poggio scritte nel 1887 di Padre Ruggiero Abannio (indietro)
[9] Romagnoli - Solero Vita quotidiana nei secoli Ed. dell’Orso - Alessandria 1987 (indietro)
[10] Schede storico-territoriali dei comuni del Piemonte - Sandro Lombardini 2002 (indietro)
[11] PIO VII: Gregorio Luigi Barnaba Chiaramonti Cesena 1728-Roma 1823 Monaco benedettino fu nominato vescovo di Tivoli (1782) e fatto cardinale nel 1785 Pontefice nel 1800 concluse con Napoleone un concordato (1801). Nel 1804 si recò a Parigi per incoronare Napoleone il Bonaparte col quale, tuttavia, mantenne rapporti tesi sino ala definitiva rottura e caduta del potere temporale del papa (1809). Arrestato fu inviato in esilio e tenuto prigioniero per tre anni a Savona, quindi 1812 a Fontembleau da dove potè rientrare a Roma nel 1814. (indietro)


Ricerche a cura di Marina Gallia

 

 

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